Criptovalute: quanto impattano sull’ambiente?

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Le criptovalute, ossia le monete virtuali che rappresentano la digitalizzazione di valore utilizzate a scopo di investimento, ormai hanno spiccato il volo. È una tematica che non interessa però solo il mondo economico avendo anche un grosso impatto a livello ambientale. Adesso mi chiederete “ma come fa una valuta virtuale ad avere un impatto sull’ambiente?”. Beh, tutta colpa del mining. Il cosa? Si, adesso vi spiego di cosa si tratta! Il mining, il cui termine deriva dall’inglese to mine, rappresenta il processo di condivisione della potenza di calcolo degli hardware dei partecipanti alla rete. Elementare, Watson. O forse no? Non crediate che dietro queste transazioni creanti valori non ci siano dei computer attivi h24.

Il sistema dietro al mining si chiama PoW ossia proof of work e si basa su risoluzioni di equazioni attraverso algoritmi. Grazie a questi algoritmi si estraggono nuove monete e si aggiungono blocchi di informazioni alla blockchain di quelle già esistenti. Ma cerchiamo di entrare nel processo nel modo più elementare possibile.

Criptovalute: il mondo “nerd” che crea valore
Per guadagnare di più, molti miner incrementano la potenza del calcolo in modo tale da trovare più velocemente la soluzione all’equazione. Per fare ciò si utilizzano delle schede grafiche che consumano talmente tanta energia da auto bruciarsi. Una volta bruciate, vengono sostituite, generando così enormi quantità di rifiuti. Tra l’altro l’energia che viene utilizzata proviene dai combustibili fossili. Volete qualche cifra? Vi accontento subito!

Secondo un’indagine fatta dalla Digiconomist, i Bitcoin producono circa 96 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno e per estrarre l’Ethereum se ne producono circa 47 milioni! Ovviamente tale energia aumenterà quanto più gli utenti adotteranno le criptovalute. Ma i paesi come stanno reagendo a questo spreco energetico?

Come sta reagendo il mondo
Il Kosovo è l’ultimo, in ordine di tempo, ad aver messo al bando le attività di mining di criptovalute a causa dell’eccessivo costo in termini di dispendio energetico. Prima del Kosovo era stata la volta della Cina, dell’Islanda, dell’Iran e del Kazakistan. Proprio in Kazakistan il mining è stato la causa di violente proteste nelle piazze per sovraccarico del sistema energetico che ha immobilizzato il paese. Ultimamente la maggiore concentrazione di mining si sta avendo in Texas grazie all’abbondanza di energia a costo contenuto.

Criptovalute: guardiamo alle soluzioni
Come sempre le soluzioni per risolvere un problema sono molteplici. Ma non è detto che tutti vogliano intraprenderle! Carlo Gola e Johannes Sedlmeir hanno condotto uno studio pubblicato dalla Banca d’Italia che analizza il costo ambientale delle singole criptovalute. Partiamo dalle basi.

Esistono 3 tipologie di funzionamento:

Proof of Work, utilizzato dalle criptovalute più conosciute come il Bitcoin. Con tale funzionamento si vuole dimostrare al network la risoluzione di un algoritmo complesso. Tutto molto bello se non si bruciassero quantità elevate di energia;
Proof of Stake. Questo è un funzionamento che richiede una sorta di deposito cauzionale di monete virtuali per poter operare in modo sicuro. Brucia energia ma in quantità minore rispetto al primo.
Proof of Authority. Questo è un funzionamento che richiede un dispendio di energia molto più basso rispetto ai precedenti perché è regolato da entità che hanno già un certo grado di fiducia reciproca tra di loro.
Quindi sicuramente avrete pensato “Beh, facile! Basta passare al proof of authority”. Beh, mica è così banale? Pensate ai miner che negli anni hanno sostenuto ingenti investimenti tramite il proof of work. Si troverebbero con degli asset costosi difficili da dismettere. Ma allora come si può cambiare? Semplice. Puntando alle politiche pubbliche. Nel loro studio Gola e Sedlmeir evidenziano 5 policy tools. Queste partono dalla richiesta di trasparenza ed arrivano al divieto di mining, passando attraverso alcune proposte come la possibilità di agire direttamente sul problema introducendo delle linee guida di impatto basate sul criterio della sostenibilità ambientale o disincentivando gli investimenti in token non ecologici rendendoli più costosi.

Un’ultima soluzione potrebbe essere l’introduzione di una sorta di carbon tax che tassa chi svolge le attività di mining tramite solamente proof of work. Ovviamente la consapevolezza che tutto ciò sia a rischio elusione c’è ed è alta ma l’ambiente va salvaguardato anche e soprattutto dal “nemico” virtuale quindi un accordo almeno tra i principali paesi a livello globale va e deve essere preso. La tutela dell’ambiente viene prima di qualsiasi guadagno!

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