Barra: Giubileo a Monteleone, apertura straordinaria il 30 dicembre

Cultura

REGINA DI MONTELEONE
La tela che splende nelle ceneri di un nobile casale

di Andrea Beato




Nonostante la nuova ondata di pandemia che incalza, a Barra, non può certamente passare inosservata una data che, da decenni, la tradizione tramanda oralmente: “lo sabato 31 dicembre A. D. 1746”. È questo il giorno in cui il più importante esponente della pittura del Settecento napoletano, Francesco Solimena, consegnò ai principi Pignatelli di Monteleone, la sua ultima opera (sarebbe morto pochi mesi dopo): l’apparizione della Vergine Maria alla giovane Giannetta De’ Vecchi, presso la campagna di Caravaggio, paese del bergamasco, noto per aver dato, successivamente i natali all’omonimo pittore Michelangelo Merisi, detto appunto il Caravaggio.


Il “Giubileo a Monteleone” titolo stabilito per questo felice anniversario, dato i 275 anni dall’esposizione, è ricordato il giorno 30 dicembre, con un’apertura straordinaria della chiesetta settecentesca, sia di mattina che di sera, da una visita guidata e da un speciale veglia serale organizzata dalla Parrocchia con l’ausilio dei giovani e dei ragazzi, ai quali è in particolar modo affidato il compito di tramandare, nel futuro, le cose belle di Barra e della parrocchia.

Da Caravaggio, la devozione alla Madonna di Caravaggio giunse a Napoli nei primi del Seicento, grazie alla Marchesa di Caravaggio Costanza Colonna che, con la sua famiglia, ha dimorato a Napoli da molti anni, donando ai padri Scolopi un bel quadro della Madonna di Caravaggio, che attualmente si può ammirare in una delle cappelle dell’omonima chiesa, affidata ora ai padri Barnabiti, che si trova a Piazza Dante. Ma non si può tralasciare, almeno un minimo accenno, ad un’altra presenza originaria di Caravaggio, quella del già accennato pittore Michelangelo Marisi, che bandito da Roma per omicidio, fu ospite dalla Marchesa Colonna, presso la dimora di Chiaia.


Finalmente giungiamo alla nostra parrocchia.


Nel 1728, per volere del duca Diego Pignatelli iniziarono i lavori di costruzione del Palazzo di Monteleone. Ogni casato nobiliare, all’epoca, aveva il privilegio di una cappella gentilizia di famiglia, in cui poter far celebrare messe e seppellire i consanguinei. La Villa delle Delizie dei Pignatelli di Monteleone (questo è il nome originario), oggi versa in uno stato di totale abbandono e degrado, contrariamente alla chiesa che si è salvata perché donata dagli eredi, alla diocesi di Napoli nel secondo dopoguerra.

È ignota la motivazione della sua intitolazione alla Madonna di Caravaggio, anche perché i Pignatelli di Monteleone erano originari della Calabria; di sicuro, però, in quegli anni, il culto della Madonna di Caravaggio, invocata specialmente nei casi disperati, era abbastanza diffuso a Napoli ed i Pignatelli, che avevano la loro principale residenza proprio nei pressi della chiesa di Piazza Dante, lo introdussero a Barra (secondo alcuni invece i Pignatelli erano proprietari di alcune campagne bergamasche nei pressi di Caravaggio). Si hanno notizie anche di altre cappelle gentilizie dei Pignatelli, dove si custodivano immagini, ormai smarrite, della Madonna di Caravaggio: un esempio è Villa Bruno a San Giorgio a Cremano.

Per la chiesa, fu chiesto un privilegio al papa Clemente XIII, da parte del duca Ettore; un’indulgenza a suffragio dei defunti per i quasi si celebravano le sante messe all’altare della Madonna. Con una bolla pontificia, del 20 gennaio 1767, il papa accordò l’indulgenza e a perpetua memoria, fu posta, lateralmente all’altare maggiore, una lapide commemorativa.
La tela raffigurante l’apparizione della Madonna a Giannetta, commissionata per il bellissimo altare settecentesco in marmo commesso (seppur depredato da ignobili ladri) è l’ultima opera del quasi cieco Francesco Solimena che morirà pochi mesi dopo l’esposizione dell’opera.
Dal 1746 è gelosamente custodita in chiesa ed esposta al culto.



L’opera non porta la firma dell’autore anche se non vi è dubbio della sua mano almeno per alcune sue parti. Non sono presenti nemmeno la data dell’opera e neppure quanto la fantasia di certuni ci aveva visto: simboli esoterici e misteriosi messaggi, ne sono una prova anche le foto d’epoca custodite.
Guardando il dipinto, nella parte sinistra è rappresentata la Vergine, in piedi, maestosa e imponente, in atteggiamento regale, rispettivamente sul lato opposto, la veggente è inginocchiata e, tra le due, lo zampillo d’acqua. La disposizione delle figure è quella tipica della tradizione iconografica, visto che il pittore ha mantenuto lo schema consueto. Due particolarità di questa tela sembrano essere: gli angeli che pongono sul capo della Madonna una corona regale, assenti in tutte le altre raffigurazioni conosciute, ed ancora: il paesaggio che pare essere quello vesuviano, precisamente il panorama che si scorge, affacciandosi alle spalle della chiesa, sembra che l’apparizione avvenga proprio dove è posta la stessa tela.


La rappresentazione iconografica comunica la solennità dell’evento attraverso uno scenario di ampio impatto luministico, lo spazio è arricchito dalla presenza di diversi putti, un probabile ritratto dei diversi personaggi deceduti della famiglia.
Un plauso a chi provvede a diffonderne la conoscenza e la devozione. alla Parrocchia, in primis, che ne ha la cura e la custodia, ed una raccomandazione ai posteri, nel saperlo salvaguardare e, attraverso di esso, omaggiare la bella Regina di Monteleone.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *