Siccità, i prodotti che potrebbero sparire dai supermercati

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In un’estate in cui i cittadini italiani sono alle prese con la più grave crisi idrica degli ultimi 70 anni e allo stesso tempo con un’inflazione che sta spingendo i prezzi a livelli mai visti prima, ci sono interi comparti produttivi che rischiano di azzerare completamente la loro produzione per l’anno corrente.

La siccità del Po e di tutti i corsi d’acqua fondamentali per la Pianura Padana minaccia la produzione agricola nazionale, che da quell’area riceve oltre il 40% del totale. Una situazione che ha reso decine di alimenti molto più cari rispetto alla media degli ultimi anni, tra cui soprattutto l’olio, la pasta e le verdure: se per queste ultime due tipologie di alimenti l’incremento si attesta in una forbice tra il 13% e il 21%, il dato impressionante è quello dell’estratto di oliva, arrivato a costare il 70% in più rispetto al prezzo al dettaglio che ci si attendeva ad inizio 2022 (dati diffusi dall’Istat).

Dallo zucchero al mais, l’elenco degli alimenti a rischio
Ma quali sono le produzioni più in difficoltà nel nostro Paese? A soffrire sono soprattutto le coltivazioni della barbabietola e del mais, ma anche quelle dei semi di girasole, della soia e del grano tenero. Le cause vanno ricercate soprattutto nell’emergenza siccità: ci sono interi territori (dall’Emilia Romagna al Piemonte, passando per la Lombardia, il Veneto e il Friuli Venezia-Giulia) in cui non piove da mesi, il sole battente non permette all’acqua di ristagnare nei terreni e le piante muoiono.

E così questi prodotti rischiano seriamente di scomparire dagli scaffali di negozi e supermercati: laddove possibile si cercherà di tamponare la drammatica situazione aumentando le importazioni dall’estero, ma non è escluso che il fabbisogno nazionale per questi alimenti rimanga in parte scoperto, costringendo gli italiani ad effettuare scelte e rinunce. La conseguenza inevitabile sarà infatti quella di un ulteriore aumento dei prezzi al dettaglio e non tutte le famiglie in difficoltà si potranno permettere di acquistare le stesse tipologie di prodotti consumati fino ad oggi.

Uno scenario che sta riguardo ad esempio lo zucchero: in Italia se ne producono 260.000 tonnellate all’anno contro un consumo di un milione e 600.000. Il resto arriva dalla Francia, dalla Germania e dall’isola di Mauritius. Il mercato all’ingrosso per questo prodotto era arrivato a quota 450 euro a tonnellata, ma le associazioni di categoria fanno sapere che ora sta già superando gli 800 euro ogni mille chilogrammi.

Anche le importazioni sono in crisi: il nostro fabbisogno nazionale rimarrà scoperto?
Una situazione simile sta interessando anche il mais, alimento per cui il nostro Paese dipende per il 50% dalle importazioni estere. E qui si innesta un altro problema, in questo quadro sconvolgente di metà 2022: la guerra in corso in Ucraina. Sì perchè la metà che serve a compensare la richiesta nazionale di mais arriva prevalentemente da quelle coste e ad oggi il governo di Kiev guidato da Volodymyr Zelensky non riesce a garantire che tutte le navi cariche di materie prime riescano a lasciare il Paese per raggiungere l’Europa.

Se il trend non dovesse invertirsi nel giro di qualche settimana – e i meteorologi sono pessimisti per quanto riguarda le previsioni di luglio e agosto – il rischio è quello che intere filiere del settore alimentare non riescano più a proseguire il proprio lavoro.

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